ANTONELLO DA MESSINA
Londra
- National
Gallery
Firme d'Autore
Grande e immortale e' la sua pittura,
purtroppo solo una cinquantina di quadri sono sicuramente autografi secondo il
parere di critici e storici dell'arte, si ipotizza appena il 20% della
produzione del grande maestro. C'è da chiedersi allora quali aggettivi si dovrebbero
usare se di Antonello ci fosse tutto noto, opere e dati biografici, anziché
avvolto tutto nel mistero. La figura di Antonello, proprio a causa della
scarsità di opere quanto di notizie, viene sottovalutata dal Vasari nel '500 e
misconosciuta lungamente sino alla fine dell'Ottocento quando Bernard Berenson e
altri studiosi squarciano il velo polveroso dell'oblio con la luce della
conoscenza e dell'intelletto. Antonello è il tipico rappresentante dell'Homo
Novus del Rinascimento, un fenomeno tutto italiano dalla Sicilia a Venezia. E'
il simbolo di quel secolo, il Quattrocento, in cui l'uomo riprende coscienza di sé
dopo i secoli bui del Medioevo sino a varcare l'immenso Oceano per scoprire il
Nuovo Mondo. Antonello, in età giovanile oltrepassa lo Stretto per raggiungere
il "continente" quasi che questo fosse un'entità geografica
del tutto diversa oltre che separata. Raggiunge Napoli e trova Renato I il
Buono, duca di Angiò e conte di Provenza, re di Napoli, di Sicilia e di
Gerusalemme. Insomma, un misto di siciliano, figlio di Luigi II re di Sicilia,
dall'esperienza internazionale. Il sovrano, amante dell'arte, si diletta di
pittura ed è ammiratore di Jan Van Eyck e di Van der Weyden, artisti che hanno
mandato alla sua corte le loro opere importanti. Antonello, mentre impara l'arte
alla bottega di Colantonio, respira l'aria di un ambiente culturale molto vivace
nel quale le influenze iberiche e provenzali si intrecciano con quelle
fiamminghe. Il maestro puo' cosi avviarsi ad una pittura che integra le diverse
esperienze italianizzandole e si rifà in particolare a quella fiamminga di Van
Eyck: quest'intreccio di suggestioni è palpabile nel
"San
Gerolamo nello studio" (National Gallery di Londra).
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E' questo un piccolo, prezioso dipinto ricco di
particolari minutamente descritti con una chiarezza spaziale tutta italiana. Il
probabile viaggio a Roma lo mette in contatto diretto con le opere di Piero
della Francesca e consolida la tendenza a semplici e calibrate architetture
spaziali. La suggestione della pittura di Piero della Francesca porta Antonello
alla conquista di uno spazio generato dalle figure stesse, e a organizzare i
particolari, osservati sempre con senso acuto della preziosità delle diverse
materie in ampie e serene composizioni prospetticamente bloccate nelle quali le
forme, grazie alla luminosita' del colore, assumono risalto nettissimo.
Fin dagli inizi, comunque, Antonello e' se stesso, artista
personalissimo e figlio della sua terra.
In
uno dei suoi primi dipinti del 1455, "La Crocifissione",
conservato al
Muzeul de Arta' di Bucarest, trasporta l'azione in un ambiente siciliano
immaginario ma vero.
Nota
come Crocifissione di Sibiu, dal
nome della località in Transilvania dove era collocata fino al 1948,
nel museo fondato nel 1817 per ospitare la raccolta del barone Samuel
von Brukenthal di Hermannstadt. |
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Il dipinto, una piccola tavola, ha suscitato un grande
interesse nella critica, per la singolare tessitura iconografica e per i
rapporti di stile che questa traduce. Il paesaggio si rivela un
evidente, inedito omaggio di Antonello alla sua
città natale, ed anche una delle piu' antiche immagini di Messina: lo sfondo propone, infatti, la falce naturale del porto
con in primo piano il
monastero basiliano del Salvatore e la Rocca Guelfonia,
mentre oltre le colline l'artista non rinuncia all'arbitrario
inserimento delle Isole Eolie.
La base delle tre croci e'
lunghissima: Cristo risulta spinto in alto, sembra in procinto di tornare in quell'infinito cielo azzurro dal quale era disceso per salvare l'umanita'
peccatrice, mentre i due ladroni a fianco sono appesi per braccia, pendono verso
il basso, verso il mondo terreno al quale appartengono. I volti dei dipinti di
Antonello hanno tutti le stesse sembianze, sono i volti che l'artista incontra
nella sua Isola:
popolani o nobili fieri o
contadini "che veramente sanno di chiostro e d'ovile" secondo
l'efficace immagine di Leonardo Sciascia. |
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In questo dipinto si affacciano gia'
alcune caratteristiche che saranno vitali per la sua pittura futura quali
l'ariosita' dell'insieme, la particolarita' del riferimento
alla Sicilia, la trasparenza di una pittura che si fonda ancora su
colori smorti e che soltanto in seguito acquisteranno la lucentezza della pietra
preziosa. Altra Crocefissione è conservata alla National Gallery di Londra. |
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La
piazza di scena, di atroce indifferenza al martirio di San
Sebastiano, (Dresda - Staatliche
Gemaldegalerie) non si puo' certo dire che nell'architettura sia
riconoscibile come siciliana; Antonello ha voluto inventarla su elementi
di varia provenienza nella ricerca di un rapporto tra architetture e
figure che e' poi uno dei più perfetti che siano mai stati conseguiti
nella pittura.
Ma nella donna che si affaccia da una quinta col bambino
in braccio, nelle figure che si affacciano ai terrazzi, nelle graste
e nelle grate, in quella borraccia appesa a
lato alla finestra alta, c'e'
un'aria di casa, di pomeriggio messinese.
Si svolge quindi la parentesi veneziana. Antonello e' chiamato
dal patrizio Pietro Bon per eseguire la "Pala di
San Cassiano" per la chiesa omonima, opera che sara' spezzata,
ritagliata e posta nei musei di varie citta' (Vienna, Barcellona, Budapest). |
Quest'opera all'inaugurazione "esplode" letteralmente come una bomba
atomica dell'arte. Il maestro messinese ha portato sulla laguna, insieme alle
nuove concezioni rinascimentali, il colore compatto e cristallino della pittura
nordica. La serie delle opere veneziane del grande maestro siciliano e' di
estrema importanza per l'influenza che queste eserciteranno sulla pittura della
Serenissima e principalmente su quella di Giovanni Bellini. Il trapasso dall'una
all'altra sta a indicare che Antonello porta sì a Venezia l'esperienza di Piero
della Francesca ma la rinnova egli stesso a contatto con la poetica di Giovanni
Bellini. Giunge insomma a quella completa risoluzione delle forme in
architettura e dell'architettura in colore-luce, per cui la Pala di San Cassiano
si pone come il punto di arrivo di tutte le precedenti ricerche e come il punto
di partenza delle ulteriori esperienze sia di Bellini sia dei suoi allievi e
seguaci. Le inflessioni fiammingheggianti di altre opere qui realizzate dal
maestro di Messina non rimangono senza eco e trovano riscontro anche nelle opere
del Carpaccio. Nel dipinto la Pietà con tre angeli
conservato al Museo Correr di Venezia, come nella Pietà
con un angelo (Prado di Madrid), |
insieme a
riferimenti alla Citta di Messina (absidi Chiesa di S. Francesco) si
riscontra una specie di "messa a punto finale" dell'arte di
Antonello che provoca una magistrale correzione di rotta
nell'ambito della grandissima pittura veneziana.
Fermenti e forze che si influenzano vicendevolmente, con
reciproco vantaggio. Antonello non sarebbe quello che è se
non avesse guardato i fiamminghi e Piero della Francesca, o
se prima di maturare completamente non avesse visto anche
Venezia e i pittori veneziani. Questi ultimi, i maestri
della Serenissima, devono a lui l'apertura verso la
dimensione rinascimentale in modo da non restare avulsi dal
fenomeno generale apparso nel resto dell'Italia, dalla
Toscana alla Sicilia. |
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Salvator
Mundi (Londra, National Gallery) a quanto si conosce
e' la prima
opera da lui firmata e datata, 1465. Si nota un pentimento nella mano
benedicente. Questo pentimento e' affiorato dal velo sottilissimo della pittura
ad olio e mostra come, in un primo momento, le dita nel gesto della benedizione
fossero in una posizione diversa, parallela alla superficie del quadro.
Antonello ha voluto forare lo spazio, impadronirsene in profondità: da qui
l'audace scorcio delle dita che sembrano uscire come dal pelo dell'acqua e
venire avanti verso lo spettatore. Cristo ha gli occhi piccoli, affioranti e a
mandorla, l'iride pare luminosa alla stregua di un topazio bruciato. C'e' nei
suoi lineamenti qualche tratto mongolico tale da far supporre un collegamento
con i personaggi caratteristici di Petrus Christus, l'erede spirituale di Van
Eyck, con quale e' avvenuto forse un incontro diretto a Milano |
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Opera straordinaria, certamente la
piu' celebre del pittore messinese, tra le icone dell'arte
di ogni tempo, è la splendida Vergine Annunciata del
1475
(Museo Nazionale di Palermo -
I
Musei d'Italia in Sicilia), dipinta dal maestro
siciliano durante il suo soggiorno a Venezia.
La mano alzata della Madonna non è
scorciata esattamente, è piuttosto come storpiata. Il manto
azzurro gira invece nello spazio come se fosse in una
nicchia: da l'impressione della scultura. Da rilevare che il
leggio, sopra il quale la Vergine ha aperto il libro, è
ancora in stile gotico.
Rispetto al tradizionale
assetto di Annunciazione, tutto è compreso nella figura
della Vergine, non ci sono distrazioni che possano
distogliere l'osservatore, l'assenza dell'Angelo annunciante
la peculiarità di tale impostazione. |
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Altrettanto poeticamente nuova, il viso così giovane
atteggiato a un'espressione di stupore ma anche di mistero, è la
Vergine
Annunziata di Monaco (Bayerisches Staatsgemaldesammlungen) del 1473, che ha pure un libro aperto davanti. Ecce
Homo
conservato a Piacenza
(Pinacoteca Collegio Alberoni), ma anche quello di Genova
(Galleria Spinola) e di Vienna: l'espressione dolorosa risulta scandita dal
modulo volumetrico che, cilindrico o conico, si riflette nelle lacrime che
solcano il viso e nelle gocce di sangue che cola, moltiplicando nell'osservatore
le sensazioni di una grande indicibile sofferenza. L'espressionismo spagnolo e
la minuzia fiamminga dei particolari vengono superati da una visione complessiva
di classica potenza e dal respiro squisitamente rinascimentale.
Antonello, che
non è soltanto pittore di gonfaloni e di stendardi come lo si considerava prima
della rivalutazione si cimenta con altrettanta autorevolezza in tematiche
diverse: nella ritrattistica, sacra e profana, è sempre avvertibile una
profonda attenzione ad una salda impostazione scultorea e in talune opere
della prima maturita come ad esempio nella Madonna
Salting (Londra - National Gallery) sembra quasi di veder trasferite su una superficie
piana intriganti e perfette geometrie tridimensionali.
Un
Polittico smembrato le cui cuspidi erano rappresentate da "I
Dottori della Chiesa"
è conservato a Palermo nella Galleria Regionale della Sicilia. San
Gerolamo di profilo e San Gregorio leggermente di lato erano collocati a
sinistra mentre San'Agostino era collocato all'estrema destra accanto,
probabilmente, ad un Sant'Ambrogio andato disperso e con al centro, si
ipotizza, la figura del Redentore. Il riconoscimento dell'attribuzione di
tale opera al maestro messinese lo si deve allo studio minuzioso del Prof.
Giuseppe Meli.
I
Musei d'Italia in Sicilia
Il
Trivulzio (Museo Civico di Torino) o suo probabile autoritratto come indicherebbe lo sguardo
obliquo; Ritratto
d'Uomo del 1470 conservato a Cefalù (Museo Mandralisca) è il viso di una personalità
siciliana, un barone forse, che si incontrava allora ma che si puo incontrare
anche oggi; il Ritratto
di Roma (Galleria
Borghese) dall'aria
serafica eppure altrettanto furba; il Condottiero
di
Parigi (Museo del Louvre) che è una specie di Colleoni dai lineamenti forti.
E' la luce spirituale che pervade l'intera opera di Antonello;
Nel Polittico di San Gregorio
(Museo
Regionale di Messina) si evidenzia
nella bellissima Annunziata il riflesso autentico di tale spiritualità.
Ci si
può chiedere come mai egli abbia voluto lasciare nei suoi dipinti la prova
tangibile della sua messinità con la visione del suo mare, delle colline, delle
case, dei luoghi della sua città. Antonello
ha fatto giustamente fortuna.
Da buon siciliano, però,
torna a morire nella sua terra, a casa sua. Antonello dipinge il mare di casa
sua, lo Stretto, perché qui è il suo segreto.
Perché lo splendore
della sua arte collega tutti i porti delle regioni coinvolte: Genova,
Barcellona, Napoli, Messina, Venezia. L'apporto di tutti questi ambienti ricchi
e fertili ha nutrito la sua arte: La sua grande statura viene proprio da qui.
Una statura che è grande come il mistero rimasto attorno alla sua vita, come la
sventura che si è abbattuta su tante sue opere finite sepolte sotto le macerie
del terremoto e della storia.
Prima di morire, il 14 febbraio 1479 detta testamento al
notaio Antonio Mangianti, dichiarandosi infermo a letto ma, per grazia di Dio,
sano di mente... "Ego, magister Antonellus de Antonej pictor, licet infirmus
jacens in lecto, sanus tamen per Dey Graciam mente et in mea propria racione
compos existens, divinum timens iudicium repentinum ne forte sub silencio
vitam meam finirem et decederem intestatus ..." e designando suo unico
erede il figlio Jacobello, usufruttuaria la moglie Giovanna; seguono vari legati
alla figlia Finia, al padre e alla madre, alla sorella Orlanda, infine dispone
"quod cadaver meum seppelliatur in conventu Sancte Marie de Jesu cum habitu
dicti conventus...", cioè di venire sepolto, con l'abito di frate minore
osservante di San Francesco, nel convento di Santa Maria del Gesù, fatto
erigere nel 1418 dal beato Matteo de' Girgenti sul torrente di San Michele, poi
denominato il Ritiro (ancora oggi); il cimitero
scomparve con la piena del 1863 e con esso le spoglie di
questo grande figlio di Messina.
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